PER NOVE SECOLI LA SERICOLTURA è STATA UN'ATTIVITà PRODUTTIVA PROPRIA DEL TESSUTO ECONOMICO ITALIANO

Dal Medioevo, quando venne introdotta in Sicilia dagli Arabi, fino alla metà del XX secolo, l’arte della seta ha contribuito a creare, ovunque in Italia, ricchezza e benessere.

Per secoli leader nel mercato europeo per la produzione di seta, l’Italia gestiva tutte le fasi della filiera: dalla gelsibachicoltura per la produzione di bozzoli, alla trattura e torcitura delle bave per la produzione di filo di seta, fino alla tessitura per il confezionamento di tessuti.

Col Secondo Dopoguerra il settore inizia il suo inarrestabile declino, culminato negli Anni ’70 con la chiusura definitiva delle filande a causa dall’avvento della produzione di fibre sintetiche, dall’utilizzo incontrollato di pesticidi in agricoltura e dalla nascente concorrenza cinese, impossibile da contrastare per costi e per volumi produttivi.

STORIA

Sericoltura a Zagarolo

Importante attività dell’economia rurale, anche a Zagarolo si producevano bozzoli e filo di seta. A testimonianza dell’antica filiera serica rimangono oggi piante di gelso, ancora diffuse su gran parte del territorio, e l’edificio del centro storico in passato adibito a filanda, ricordato dalle fonti ed ancora identificato nel dialetto locale con il nome di “cacciasete” .

“Cacciasete” oggi.

Le Fonti

La prima fonte che contiene un riferimento alla pratica della gelsibachicoltura a Zagarolo è dell’architetto incaricato di redigere un censimento storico economico del ducato di Zagarolo allorché i Colonna, oberati dai debiti contratti da Marzio per dar seguito al suo ambizioso piano di riqualificazione urbana avviato dopo la vittoria di Lepanto (1571), furono costretti a vendere il ducato ai Ludovisi.

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ANDREA CARONE

Descrittione del territorio di Zagarolo

Uno stradone «piantato di celsi, quale fu già designato dal Duca Martio a terminare in un cerchio antico a’ piedi di Colle del Pero (il Tondo)».

Documenti molto interessanti sono i Registri delle Entrate e delle Uscite del Fondo Rospigliosi, conservati nell’Archivio Apostolico Vaticano e redatti tra il 1814 e il 1835 allo scopo di contabilizzare i movimenti finanziari della Famiglia Rospigliosi riguardanti Zagarolo. Nell’elenco sono annotate tra le entrate l’affitto “del opificio di seta in Zagarolo” e la vendita di bozzoli e di foglie di gelso, mentre tra le uscite risultano le spese di riparazione di canestri, caldaie, bilance ed aspi che si utilizzavano in filanda.

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FONDO ROSPIGLIOSI

Entrata e uscita dell'esattore
per l'azienda di Zagarolo

30 giugno 1814. […] ricevuti […] 6 scudi da Ottavia moglie di Gio. Mazzoni vignarolo in S. Cesareo a saldo della metà del prodotto dei vermi da seta fatti in questo anno.

14 settembre 1814. Da Franco Scalzi scudi cento venti intra in saldo della risposta di un anno o sia staggione […] del opificio di seta in Zagarolo a tenore del apoca quale.

25 settembre 1819. Da Franco Scalzi scudi cento trenta in saldo del affitto del opificio di seta in Zagarolo per la caduta stagione.

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FONDO ROSPIGLIOSI

Entrata e uscita per pigioni ecc...
di Zagarolo

ƒ.141 – 1821. Opificio da seta per spesa co’ frutti.

Adì 30 aprile: 9.50 rta da credito al Ministro Menghini pagò per ristauro di caldare.
Adì 30 giugno: 42 rte in crto a Pietro Quaranta Ferraro per lavori di riparazioni e di risarcimenti di macchina come da conto.
Adì: 106 rte in cnto al Maestro di Casa Petrucci pagò, cioè 6,80 per 12 corde di budello, 1.122 allo scadararo per ristauro di bilancia, 84 al tornitore per aspi, ralli e ruote […].

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FONDO ROSPIGLIOSI

Libro di entrata ed uscita
per il Ministro in Zagarolo

Adì 31 luglio 1826: scudi 12 ritratti dalla vendita delle foglie di moricelsi di S. Cesareo, e Vetrice.

Adì 19 agosto 1826: scudi 1,9 pagati per aver fatto rinnovare li letti di canne per spandere i bachi all’opificio.

Adì 30 settembre 1830: scudi 109,14 versati di avanzo sulla cassa a conto della lavorazione dell’opificio del passato anno.

Una fonte ricca di informazioni si rivela il censimento catastale promosso da Pio VII nel 1816 ed attivato da Gregorio XVI nel 1835, allo scopo di censire i terreni e gli edifici presenti entro i confini dello Stato Pontificio: nei registri dei proprietari ivi contenuti e riguardanti Zagarolo, a confronto della più generica «Frutti» spesso presente nella descrizione del tipo di coltivazione, la specifica indicazione «Mori Gelsi» è un chiaro riferimento all’attività sericola che si praticava sul territorio, la sola in grado di sfruttare i gelsi, perché se ne utilizzavano le foglie per alimentare i bachi da seta.

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CATASTO GREGORIANO

Brogliardi di Zagarolo

In base ai rilevamenti compiuti nel 1819, una ventina di terreni distribuiti diffusamente sul territorio gabino è accatastata come «Seminativo con Mori Gelsi», «Mezzagna con Mori Gelsi», infine «Vigna con Frutti e Mori Gelsi».

La filanda di Zagarolo, censita in un edificio del Colle, è accatastata come «Casa ad uso di Lavoratojo da Seta» di proprietà del Principe Giuseppe Rospigliosi.

CATASTO GREGORIANO
Mappa di Zagarolo
1819

I rilevamenti catastali sono stati effettuati tra il 4 maggio ed il 21 settembre 1819.
Nella mappa sono evidenziati la filanda ed i terreni coltivati a gelso, distinti in base alla tipologia e alla proprietà.

A supporto convergono ulteriori pubblicazioni da noi consultate, come la Topografia statistica dello Stato Pontificio, redatta dal medico e poligrafo Adone Palmieri nel 1857 contenente un approfondito excursus storico economico sui Comuni e sui terreni che ricadevano entro i confini amministrativi della Comarca di Roma. L’autore apre il libro proprio descrivendo il lavoro di diffusa piantumazione di specie arboree che venne svolto dalla seconda metà del XIX secolo, sottolineando in particolare che «dal 1850 a tutto il 1855 furon premiati […] gelsi 6321», e prosegue nella sua passeggiata tra i Comuni della provincia romana citando le filande di Albano, Frascati, Palestrina, e infine la «grande filanda di seta» di Zagarolo. Notizia quest’ultima confermata quattro anni più tardi dal bibliografo e dignitario pontificio Gaetano Moroni nell’ultimo volume del suo Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica del 1861, che alla voce Zagarolo riporta «ha una filanda di seta».  

Il documento più recente in cui si cita la filanda è, infine, un dattiloscritto anonimo del 1958, siglato solo «cg» e rintracciato presso l’Archivio Storico Diocesano di Palestrina, in cui si annota «è rilevante il fatto che nella stessa via (del Colle, ndr) si ha notizia di una filanda della seta».

Ricostruiamo la storia!

La nostra ricerca continua attraverso la raccolta e l’analisi di ulteriori fonti scritte ed orali, lasciando questa pagina aperta al contributo di chiunque volesse condividere documenti, notizie, fotografie e testimonianze sull’attività serica a Zagarolo.

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